Una “cieca” applicazione di Legge blocca i cani guida


La triste storia che vogliamo raccontare risale al dicembre del 2013, quando a una persona non vedente venne negata la possibilità di salire sulle scale mobili che lo avrebbero portato al centro storico di Belluno.

 

Molti si opposero a quella che sembrava una palese violazione della Legge 60/06 che obbligherebbe ad accogliere i cani guida in ogni luogo pubblico o aperto al pubblico. Seguirono incontri tra esponenti del Comune di Belluno e della UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) ma qualsiasi documento fu vano. Venne chiesto il parere dell’USTIF, l’Ufficio Speciale Trasporti e Impianti Fissi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che di fatto pose come una motivazione dal pedissequo sapore burocratico ”ragioni di sicurezza” si disse. Divampò la polemica sui giornali e i social fecero rimbalzare la notizia.

Divenne motivo di contraddittorio a livello nazionale. La materia infatti presupponeva diversi quesiti di ordine giuridico – prevale una legge nazionale o un regolamento interno anche quando derivasse da una questione di sicurezza o di protezione dell’incolumità fisica – e di ordine pratico e morale perché in siffatto modo sia un cane sapientemente addestrato che il suo proprietario non vedente erano impossibilitati nell’espletamento di una normalità di azione,ledendo i diritti soggettivi di un cittadino alla “libertà di movimento, autonomia e autodeterminazione”


 

“Qualora le scale mobili fossero ritenute insicure o suscettibili di causare eventuali danni – tuonò Barbuto presidente nazionale UICI -, esse lo sono e lo sarebbero per chiunque le adoperasse e le frequentasse, sia i cani, sia le persone. In caso contrario qualora l’impianto sia ritenuto, come di fatto è, idoneo a svolgere la propria funzione di pubblico trasporto, esso non può essere inibito a utilizzatori accompagnati da cane guida, i quali hanno analoghi diritti di accesso e d’uso di tutti gli altri cittadini".

 

Venne sollevata anche una questione di dignità delle persone, riconosciuta dalla nostra Costituzione, dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. In agosto 3 non vedenti presentarono esposto al Procuratore della Repubblica Francesco Saverio Pavone nel tentativo di cambiare regolamento . Un accertamento preliminare che non aveva nè un indagato nè un’ipotesi di reato e presto venne archiviato. Successivamente fecero causa al Comune e alla società Bellunum, a cui è affidata le gestione dell'impianto di Lambioi, facendo appello agli articoli 2 e 3 della legge 67 del 2006 e richiedendo un risarcimento danni di 22.500 euro.

 

Nel marzo 2017 venne rigettato il ricorso con accollo di 3.000 euro di spese di lite. Il giudice accolse le motivazioni portate dal Comune secondo le quali il divieto non era discriminatorio, e rispondeva a una logica di sicurezza, perché “la pendenza della gradinata è tale da assimilarla non a una semplice scala mobile ma ad un impianto a fune” e per incompetenza territoriale in quanto nessuno dei ricorrenti è di Belluno ma della provincia. Stando a tali parole sembrerebbe un’implicita ammissione di irregolarità per dimensioni e pendenza della scala rispetto alle normative europee che se considerata pericolosa per ipovedenti e i loro cani, lo sarebbe senza dubbio anche per persone abili. 


Un esercizio di rimbalzo di responsabilità e competenze  tipico delle questioni giudiziarie italiche che ancora una volta, nelle pastoie dei cavilli normativi, rendendo le leggi ostacolo e non promozione di Diritto. Una pedissequa applicazione della norma diverrebbe strumento di cieca immobilità burocratica basato su fini personalistici e non universali. 


Basterebbe pensare alla loro reale applicazione presso le Metropolitane di Roma, Napoli e Milano o agli scalini di accesso “con pendenza da impianto a fune” che si trovano su taluni treni o in certe toilette di esercizi commerciali, per comprendere come sia facile la ghettizzazione dei diversamente abili e i loro pazienti cani guida. 

L’unica battaglia culturale che andrebbe sostenuta è l’abbattimento degli impedimenti a prescindere dai cavilli normativi.